Teatro

L'Amleto raccontato da Luca Lazzareschi

L'Amleto raccontato da Luca Lazzareschi

- COME HAI LAVORATO SUL PERSONAGGIO DI AMLETO? In modo molto semplice in realtà perchè all'inizio avevo il terrore di affrontarlo, mi chiedevo: da quale parte lo comincio a studiare? E' enorme, infinito..sono state scritte su di lui più pagine che su qualsiasi altro personaggio letterario o storico..forse sul Cristo o su Napoleone si dice sia stato scritto tanto..Io però ho avuto una fortuna, quella di aver partecipato molti anni fa ad un Amleto diretto da Gabriele Lavia, il suo terzo Amleto di cui curava la regia. Essendo io un allievo, il primo germe di partenza è stato quello, la memoria di quello, ossia di un grande Amleto di un grandissimo attore. Poi mi sono letto quel che mi era necessario leggere, consigliato anche dal produttore Serpieri, e soprattutto ne ho visti molti di Amleti, molti inglesi in dvd, dai più tradizionali della BBC che non sono affatto da sottovalutare, ai più introvabili come un Amleto di Richard Burton, di Peter Brook, di Zeffirelli, di Branagh ecc. Ho cercato di capire un pò come gli inglesi affrontavano la cosa. Dopodichè ho cercato di dimenticare tutto, ho cercato di affrontarlo da solo, io e lui da soli, ho cercato di nutrirlo di me, di trovare dei punti di contatto perchè Amleto è un tale universo, ognuno di noi ha qualcosa di Amleto e Amleto ha qualcosa di ognuno di noi. Amleto è tutto ed il contrario di tutto: è azione, mancanza di azione, è la nevrosi, è Edipo, desiderio di vendetta, desiderio di potere, frustrazione, eccesso di pensiero, quel pensiero che spesso proviamo anche noi, il pensiero che mangia sè stesso. Amleto è un'individuo che nella sua immensa solitudine è in grado di tendersi in una dimensione assoluta e contemporaneamente rilasciarsi in una facilità di comunicazione, di governo del linguaggio altrui per poi rovesciarlo. In sintesi ho cercato di abbandonarmi al personaggio. - SE OGGI FOSSE VIVO, SECONDO TE AMLETO COSA FAREBBE? Amleto è vivo. Ho fatto una riflessione sull'"essere o non essere" e sul famoso "Per Ecuba". Penso che l'interno della vera tragedia, secondo sia il "Per Ecuba", più importante ed attuale. "L'essere o non essere" è un teorema su ciò che significa esistere o cessare di esistere, la paura o non paura della morte. E qua ci possiamo fermare. Mentre nel "Per Ecuba " c'è tutta una considerazione sulla finzione e sull'essere grazie alla finzione. Nel "Per Ecuba" un giovane di oggi, ma non necessariamente un giovane, un uomo, di questo secolo, di questi anni, ha molto di Amleto in sè. L'incapacità dell'azione ad esempio, o l'incapacità di portare avanti un'azione perchè viziata da un eccesso di pensiero o di mancanza di volontà, fa parte dei nostri tempi. Il mondo ci rema contro, ci impedisce di mettere in atto la volontà, che rimane allo stato di potenza e non di atto. Amleto è nei tanti giovani che hanno un ideale ma non riescono a portarlo a termine pur perseguendolo. - DI TUTTI I PERSONAGGI SHAKESPEARIANI E'QUELLO CHE PREFERISCI O CHE SENTI PIU' AFFINE? Qualche anno fa ho avuto la fortuna di fare "Re Lear" in cui interpretavo Edgar e lui è un pò il nipotino di Amleto, anzi lo precede, perchè anche lui si finge folle e nella follia riesce ad essere. Il tema principale è poi sempre questo, essere ed essere altro da te. Quello è un personaggio che ho molto amato, molto amletico. Amleto è il personaggio dei personaggi, per un attore avere la fortuna o la grazia di poter interpretare Amleto certamente è appagante al 100%. - TU HAI LAVORATO ANCHE IN TELEVISIONE. QUALI SONO LE SENSAZIONI CHE TI RIMANGONO DOPO AVER CONCLUSO UN LAVORO TEATRALE ED UNO TELEVISIVO? A teatro chi governa la vicenda sei tu. Sei padrone di tutto quello che accade in scena, senti il pubblico, lo governi, rispondi. Quando fai qualcosa di televisivo ed io non ho fatto molto, ho partecipato ad Incantesimo, c'è sempre un senso di incompiutezza, non sai bene cosa hai fatto, come verrà, rimane sempre un senso di insoddisfazione. Invece il teatro è li, è li ed ora, con l'applauso finale chiude e poi ricomincia il giorno dopo. - HAI UNA LUNGA CARRIERA ALLE SPALLE, HAI LAVORATO CON REGISTI IMPORTANTI. PENSI CHE OGGI I GIOVANI ABBIANO, PER OGGI E PER I TEMPI A VENIRE, LA TUA STESSA FORTUNA? No. Ho avuto la fortuna di cominciare in un tempo in cui c'erano tantissimi primi attori e, un pò per caso un pò per volontà, la mia formazione è più prim'attoriale che di drammaturgia. Ho lavorato con molti ragisti ma più di tutti con attori quali Gassman, Lavia, Albertazzi, Mauri..e la mia attenzione è sempre andata allo studio ed al rubare i segreti, i trucchi, le magie dei primi attori e delle prime attrici. Io credo che si impara a diventare attore dagli attori, poi si migliora con i registi. Ed oggi i bravi attori sono veramente pochi. - VITTORIO GASSMAN E GABRIELE LAVIA: DUE LORO QUALITA' CHE HAI FATTO TUE E DUE GRANDI DIFETTI SUI QUALI HAI DOVUTO LAVORARE MOLTO PER CORREGGERLI. Diciamo che con Gassman ho iniziato, ho fatto le scuole elementari diciamo. Stando con Gassman, grande attore che tanto manca al teatro italiano, si imparava per capacità imitative, lo si imitava e questo è un difetto che ho cercato di togliermi, il gassmaneggiare, come facevano tutti quelli che uscivano dalla sua scuola. Con Gabriele ho imparato un altro tipo di approccio alla recitazione, più moderno, derivato da Costa, da Strelher. Gli devo moltissimo perchè ho cercato di rubargli tutto quello che potevo, la gestione dell'energia all'interno dello spettacolo, la gestione del personaggio. E poi tanti trucchi tecnici. Con lui un difetto sul quale ho cercato di lavorare è stato cercare di non lavieggiare. - QUAL'E' LA VERA FATICA DEL TEATRO? La routine, è una trappola, un pericolo che stanca, che deprime. Un'altra grande fatica è una vita dedicata a quelle 3, 4 o 5 ore serali. I grandi personaggi ti impegnano fisicamente, tutta la tua giornata è in funzione di quelle tre ore serali. E' un pò una vita da atleta, ogni sera devi fare una gara e la devi vincere. Si sacrifica molto della vita privata. E poi c'è la fatica delle tournèe, degli spostamenti, la vita da nomade. Prosciuga, però il teatro è una cosa ed anche il suo contrario, quindi allo stesso tempo ti da vita.